Pagine

venerdì 16 dicembre 2011

Uno scatto nel cuore, uno scatto del cuore


Nella giornata di domenica 18 Dicembre, Sensacional grazie alla partnership con la Fondazione Luigi Sperone, organo dell’USI, ed in collaborazione con Artedì, ha organizzato un evento prenatalizio che definire Sensacional è forse un eufemismo!

Dalle ore 18 alle 21, presso l’American Bar di via Ostiense, potrete consumare il vostro aperitivo e godere al contempo di due splendide esposizioni fotografiche. La prima, “Rafiki: i miei amici di Ilula”, ad opera del fotografo Mario Penzo, ha ad oggetto la Tanzania, mentre gli scatti del fotografo Marco Manieri ritraggono attimi di vita argentina, come si intuisce dal titolo stesso dell’esposizione: “Buenos Aieres e l’Argentina a 10 anni dalla crisi: storie di persone, luoghi, scoperte ed improvvisazioni lontano dal tango e da Maradona”. Attraverso queste istantanee avrete modo di conoscere meglio alcuni dei luoghi dove  Sensacional è impegnata ogni giorno e di osservare i volti, i sorrisi, delle persone per le quali e con le quali lavorano.
Al fine di rendere la vostra domenica pomeriggio ancora più Sensacional, aperitivo e mostra fotografica verranno accompagnati anche dall’ironia e dalla simpatia del comico Pietro Sparacino che saprà farvi sorridere con il suo spettacolo di Cabaret.
Nel corso della serata sono inoltre in programma la proiezione del video, recentemente realizzato, che racconta la storia dell'organizzazione, e la presentazione del progetto a Ilula.
Un aperitivo diverso, non convenzionale, in pieno stile Sensacional insieme ad Artedì!!

martedì 13 dicembre 2011

Realismi sovietici al Palazzo delle esposizioni


Volete vedere una mostra davvero sorprendente?
 Fino all’8 gennaio ci sarà l’opportunità di visitare al Palazzo delle Esposizioni la mostra “Realismi socialisti. Grande pittura sovietica 1920-1970”, organizzata in occasione del programma di scambio culturale Italia-Russia.
In un certo senso questa grande esposizione tende a sfatare il mito del Realismo Socialista come forma univoca di espressione di regime e mostra anzi come, nel tentativo di recuperare stili e linguaggi della storia dell’arte europea, si sia dato luogo ad un variegatissimo caleidoscopio espressivo attraverso cui si prestava però maggiormente attenzione alla sostanza del messaggio ideologico.
Vediamo così nelle prime sale dell’esposizione uno schieramento di artisti “arruolati” dal regime che  pongono, seppur con stili diversi, attenzione soprattutto all’esaltazione dell'eroe socialista. Ciò che si richiede in particolare all'arte in quel momento è di essere comprensibile alle masse  concentrandosi essenzialmente sulla “poesia del lavoro” e sulla cultura fisica: atleti e nuotatori campeggiano maestosi su tele di notevoli dimensioni così come operai e contadini assurgono una stazza di imponente e preponderante fierezza.
Ma proseguendo nel percorso cronologico dell’allestimento, si nota un sostanziale mutamento di temi e sentimenti: l'arte diviene un riflesso della realtà, spesso privo di connotazioni politiche e capace di riflettere la vita anche al di fuori dell'ideologia. Campeggiano sui muri ritratti dai volti non monumentalizzati  ma più umani, non in chiave eroica ma di pietas, come il magnifico ciclo “Bruciati dal fuoco di guerra” di Gelij Korzev, dove i primi piani a fortissimo impatto emotivo aprono una riflessione sulle ferite più psichiche che fisiche inferte dalla Seconda Guerra Mondiale.
Le immagini  dell’ultimo periodo presentato cancellano definitivamente l'esaltazione del collettivismo e l'euforia tipici dello stalinismo, lasciando spazio a una concentrazione sull'individuo e conseguentemente sulla sua interiorità e sulle sue questioni più personali ed intime, a volte anche fallimentari; temi sostanzialmente scomodi per un regime totalitario che puntava sull’immagine dell’ottimismo e della forza ad ogni costo.
Non bisogna quindi farsi sfuggire l’occasione di conoscere un importante spaccato della storia dell’arte che sorprenderà al di là di ogni aspettativa.

Mostra: STEFANIA CASELLATO


CI SIAMO INCONTRATI PER CASO
e non è un caso


Mostra fotografica di
Stefania Casellato


Galleria d’Arte Spazio 120

A cura di Raffaella Renzi e Cristian Porretta
In collaborazione con l’Associazione Culturale Artedì

Inaugurazione giovedì 15 dicembre 2011 ore 18.30



Giovedì 15 dicembre presso la galleria d’arte SPAZIO 120 avrà luogo l’esposizione fotografica dell’artista Stefania Casellato dal titolo “CI SIAMO INCONTRATI PER CASO...e non è un caso”.
Saranno esposte oltre venti opere, tutte eseguite tra il 2010 ed il 2011.
Il tema dell’incontro lega i singoli scatti, nei quali i diversi soggetti vengono in contatto in un gioco di casualità e non casualità, ora sottinteso ora dichiarato.
Nonostante la giovane età, l’artista mostra già uno stile proprio, caratterizzato da un percorso tecnico che si basa sull’immagine pura e non manipolata, su un utilizzo personale di tagli e giochi d’ombre alla ricerca del dettaglio.
Inoltre, nell’ambito della mostra verrà presentato il libro reportage “FotogrAfrica”, progetto a scopo benefico realizzato dall’artista in Tanzania tra i bambini del villaggio di Chibumagwa .


Dal 15 al 18 dicembre 2011


Orari  10:00-19:30



Galleria d’Arte Spazio 120

via Giulia 120


00186 Roma
www.spazio120.it
mail:
spazio.120@libero.it
tel.: 06.64760439

domenica 11 dicembre 2011

Aleksandr Rodcenko


Le foto di Aleksandr Rodcenko non lasciano indifferenti.
Artista poliedrico, si è cimentato nella pittura, nel design, nel teatro, nel cinema, nella grafica e nella fotografia, sperimentando sempre nuove possibilità d’espressione. In possesso di una camera Leica, Rodchenko comincia a fotografare balconi, scale, finestre e muri dando all'oggetto ordinario e quotidiano una nuova interpretazione, grazie a tagli obliqui e punti di vista inconsueti. Dal 1924 si dedica completamente alla fotografia, introducendovi i principi dell’ideologia costruttivista. Movimento culturale nato in Russia nel 1913, di poco precedente alla rivoluzione del 1917, che rifiutava il culto dell'"arte per l'arte" a favore dell'arte come pratica diretta verso scopi sociali, il costruttivismo propone l'evoluzione dell'arte per esaltare la nuova classe sociale fondata sul proletariato, nella necessità di realizzare un confronto diretto tra arte e rivoluzione.

Nelle fotografie di Rodcenko l’influenza del costruttivismo si manifesta sul piano formale sia per le inquadrature che per le composizioni diagonali. Si tratta della mostra più ampia mai tenutasi in Italia: sono esposte 300 opere tra fotografie originali, fotomontaggi e stampe vintage.
Oltre al famoso “Ritratto di madre” e la serie di scatti su Majakovskij, rimango particolarmente affascinata dalle stampe d’epoca in gelatina d’argento dedicate ai radiatori, ai pignoni, ai volanti, parafanghi e le ruote dentate delle Officine AMO. Percepisco tutta la potenza di queste immagini e la capacità di aver trasformato questi “oggetti” in “soggetti artistici”, esaltandone la bellezza strutturale. La celebrazione dell’industria rientrava pienamente nello scopo dell’arte socialmente utile e nell’esaltazione del lavoro delle masse che realizzavano concretamente gli ideali politici che avevano animato la Rivoluzione.

Accusato di essere troppo «formalista» e «occidentale», viene costretto ad abbandonare i ritratti e le foto delle architetture moscovite e a riprendere solo eventi sportivi, parate e cerimonie. Rimane comunque un protagonista dell’avanguardia russa del XX secolo, dalla creatività inesauribile con la volontà di avvicinare il più possibile la gente all’arte.

ALEKSANDR RODCENKO, in mostra al Palazzo delle Esposizioni dall'11 ottobre all'8 gennaio 2012.  





mercoledì 7 dicembre 2011

Studi Aperti 2011


Sabato 3 dicembre gli artisti di Piano Creativo

ENRICO BECERRA, STEFANO BOLCATO, SANDRO BONFORTI, SILVIA CODIGNOLA, FLAVIA DODI, ISABELLE FORDIN, COSIMO GOMEZ, TERESA MEROLLA, JACOPO PACE, MICHELL PELLATON, LUIS SERRANO, SABRINA ORTOLANI, MARCELLO TOMA

non hanno deluso le nostre aspettative e ci hanno regalato una serata di alta qualità artistica. Nelle aule del secondo piano della scuola Tozzi adibite a studi d’arte si respira un fermento creativo, come in pochi altri posti a Roma! Grazie alla presenza di pittori, scultori e illustratori, ognuno con uno stile diverso, si crea un vero e proprio crogiolo artistico, apprezzato da un pubblico molto ampio di appassionati e di curiosi di ogni età.
La serata ha visto anche la partecipazione di alcuni ospiti di respiro internazionale che hanno esposto i loro lavori, quindi  passando da installazioni a pitture e fotografie, abbiamo incontrato  Laurent Faulon, Massimo Livadiotti, Sladjan Nedeljkovic, Daniele Pinti, Chirstian Ratti e Pola Wickham.
Complimenti per l’iniziativa che ci fa appassionare sempre di più all’arte e permette a tutti i visitatori di scambiare opinioni con gli artisti stessi, per primi interessati a creare un momento di incontro.
 
@STUDIO 420
Circ.ne Gianicolense 420
Roma
(capolinea tram 8)

martedì 6 dicembre 2011

Attacchi d'arte!!


Carissimi seguaci del nostro blog, abbiamo scoperto con piacere che ci seguite con passione, tanto che abbiamo ricevuto una segnalazione da parte di una lettrice e abbiamo deciso di pubblicarla!!

“Ciao, mi chiamo Maria, tempo fa mi sono imbattuta per caso nel vostro blog e devo dire che lo trovo molto interessante. Vorrei approfittare del vostro spazio per raccontarvi cosa mi è successo l’altro giorno: avevo appena salutato un’amica e mi stavo recando ad un appuntamento a via del Babbuino. Passando per Piazza del Popolo noto qualcosa di strano. Un cubo, alto circa un metro, sta in mezzo alla piazza a pochi passi dall’obelisco. Su ogni lato una grande faccia stilizzata, nessuna espressione particolare. La superficie non è liscia, sembra carta, sul volto diventano quasi cicatrici. Tutte le facce sono nere tranne una che è rossa e su un lato, in basso, una scritta, probabilmente una firma: “SUN.B”.
Ammetto che la cosa mi colpisce, soprattutto per un motivo, il cubo sembra essere stato abbandonato lì. Non c’è nessuno intorno che sembri averci qualcosa a che fare. Ho qualche minuto libero prima dell’appuntamento e decido di sedermi un po’ sui gradini dell’obelisco a guardare il cubo. Subito mi sembra che più che essere io a guardarlo sia questo ad osservare me. Le facce sono inespressive ma dopo pochi istanti che le si fissa inevitabilmente ti comunicano qualcosa. “Cosa” credo cambi da sguardo a  sguardo.
Si avvicina un ragazzo, spero sia coinvolto per chiedergli ulteriori spiegazioni su quello che potrebbe essere un oggetto dimenticato tanto quanto un’opera di street art a tutti gli effetti. Niente, mi dice che non ne sa nulla e di essere solo incuriosito, come del resto tanti altri dei numerosissimi passanti.
C’è anche però chi passa senza nemmeno fermarsi, come se vedere un cubo con sei volti di un metro l’uno in mezzo ad una piazza sia del tutto normale. Ormai siamo davvero abituati a tutto e niente ci sconvolge o, ancora peggio, non ci stupisce più. Forse stiamo perdendo la capacità di stupirci e questo cubo me lo ricorda.
Ecco che un bambino con papà a seguito si avvicina, il cubo diventa un perfetto strumento di gioco per un nascondino improvvisato.
Poco dopo invece si ferma vicino al cubo una macchina della polizia, uno due giri e se ne va. Torna insieme ad altre due persone e si mettono a parlare e guardare tutti nella piazza come se stessero cercando un criminale di guerra. Sorrido divertita dalla scena.
Per il bambino un gioco, per la polizia motivo di nervosismo e tensione. Sembra che ognuno carichi questo strano oggetto di un significato che in realtà nasce dal punto di vista di chi guarda.. chissà che non sia questo il suo senso.
Purtroppo devo andare, anche se resterei volentieri per vedere come va a finire. Riguardo le foto del bambino e della polizia fatte con la macchinetta che per fortuna avevo con me, cambio punto della piazza per scattarne della altre da più lontano e me ne vado.
Dopo una giornata in centro tra appuntamenti e negozi torno verso la metro Flaminio, quasi mi ero dimenticata de cubo ed invece, quasi dieci ore più tardi, passando per la piazza lo trovo ancora lì, da solo, in mezzo ad un niente riempito solo da “lui”. Strano che non lo abbiano tolto. Devo correre e lo lascio lì dove l’ho trovato. E la scritta, decisamente una firma, ancora lì: SUN.B, Sole-B, cosa vorrà dire?
Il giorno dopo chiedo ad un amico che sapevo sarebbe andato in centro di vedere se il cubo abbia resistito anche alla notte. Niente, verso ora di pranzo mi dice che nella piazza non c’è assolutamente nulla. È tutto normale.”





Approfittiamo di questa esperienza per chiedervi di segnalarci altre situazioni simili, ma anche mostre che vi sono piaciute o artisti che vi hanno colpito particolarmente!!

giovedì 1 dicembre 2011

Artista del mese: Francesco Bancheri


      Come sei arrivato al collage?

Non ci sono dovuto proprio “arrivare”, il collage è una tecnica che mi ha sempre stimolato, in alcuni lavori precedenti l’ho spesso usata anche se non in modo cosi assiduo e quasi totalizzante.
Sono passato per varie contaminazioni tra carte e colori e per il momento la composizione cromatica attraverso il mezzo della carta è la tecnica che più mi appaga.

Cosa ti attrae di questa tecnica?

A livello “tecnico” può sembrare un lavoro non istintivo, molto costruito e ponderato, e a volte si presenta tale anche nello svolgimento, ma nella maggior parte dei casi è un lavoro intuitivo che nasce da colori, storie, immagini da accorpare in modo, non dico irrazionale, ma sicuramente istintivo.
Io non incollo tutta la carta, lavoro quasi esclusivamente con i quotidiani che sfoglio, taglio e assemblo. Nell’ iter della lavorazione mi faccio un’idea di cosa succede, di quale auto vendono, di chi gioca domenica e di chi spara ed a chi. I giornali sono una fonte inesauribile di attualità, rimangono il mezzo più “romantico” dell’informazione moderna ed è giusto continuare a farli vivere vista la ricchezza di spunti di “contemporaneo” che possono fornire.
Le opere finite che si costruiscono di “ritagli di oggi” vogliono essere realmente intrise di contemporaneità, cercando di far avvicinare chi guarda l’opera ad un concetto visivo diverso da quello rappresentato dai media.
Trasformare, insomma, un’arma di disturbo di massa in una tenue e accogliente presenza del presente.

Francesco, in realtà sei un artista che non si chiude in una sola direzione, ma ama spaziare. Realizzi anche opere che partono da fotografie sulle quali poi intervieni con il colore. Cosa provi in questi casi, dove c'è più improvvisazione rispetto al collage?

Sicuramente è un altro tipo di lavorazione, si parte dalla fotografia, e, nonostante possa sembrare un’improvvisazione, anche qui la scaletta è ben costruita e poco o nulla è lasciato al caso.
In realtà la parola improvvisazione non descrive il mio modo di lavorare, ma per quanto ho visto in giro non fa parte del modo di lavorare di nessuno; chi sembra improvvisare è perché possiede in sè il gesto, non so se mi sono spiegato, se un artista improvvisa 10 volte farà 10 lavori simili o quanto meno riconducibili alla sua mano, potremmo forse chiamarla esperienza o gesto.

Quali sono i soggetti che preferisci? Perchè?

Mi è capitato di rispondere a questa domanda più volte e alla fine ho pensato e detto ogni volta qualcosa di diverso; in realtà mi interessa ciò che in quel momento mi “interessa”: sono passato da birilli a pecore; da sottomarini a ritratti; da ballerine a biliardini e musicassette…
Posso dire che mi interessano tutti i soggetti ma in momenti differenti, mettiamola cosi…
Ad interessarmi realmente sono le icone che in quel momento mi sembrano efficaci a trasmettere il messaggio che ho in mente.

Ci sono dei progetti che hai lasciato in sospeso? O hai terminato tutto ciò che hai iniziato?

Ho tantissimi progetti in sospeso…
                                                                         
C’è un artista che ammiri particolarmente?

Ce ne sono tantissimi, se devo dirti un nome il primo che mi passa per la testa è Man Ray.

Hai visitato qualche mostra interessante negli ultimi tempi? O credi che ci sia qualche mostra da vedere?
Ultimamente ho visitato la mostra di Rodchenko ed è sicuramente da vedere.

Perchè è importante continuare a "fare arte"?

“Fare arte” e “vedere arte” sono necessità per tutti i popoli ed è importante “fare arte” anche per quei popoli ai quali è negato questo diritto.
Scrivere, dipingere, recitare, suonare, fare film, fotografare… insomma fare Arte!
Sicuramente se domani per assurdo il mondo artistico scomparisse se nulla di quanto sopra elencato fosse mai esistito avremmo sicuramente tanto in meno di cui parlare, e non è poco visto che ormai la maggior parte delle persone parla poco e sempre delle stesse cose e per lo più per bocca di altri.
A proposito quando c’è il derby?

Marcel Duchamp ha detto: “Mi sono costretto a contraddirmi per evitare di conformarmi ai miei stessi gusti.” Cosa ne pensi?

Duchamp è stato effettivamente capace di contraddirsi volontariamente e anche più volte, se questa voglia/coraggio colpisse ogni artista una volta tanto la nostra ricerca sarebbe sicuramente più ampia e sorprendente.