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sabato 29 settembre 2012

PLAY ART





PLAY ART
Vernissage giovedì 4 ottobre 2012
ore 18,30
Galleria On The Moon (via dei Banchi Vecchi, 59 - Roma)
A cura dell'Associazione Culturale Artedì 
e della Galleria On The Moon




lunedì 3 settembre 2012

Artista del mese: Angelina Chavez



Angelina, tu sei nata in Germania, da quanti anni vivi a Roma? Perchè hai scelto questa città?

Sono arrivata a Roma  nel luglio del 2004, e non l'ho scelta io questa città, ma lo vedo più come se la città avesse scelto me. Il mio compagno è romano e quando dovevamo decidere dove convivere tra Germania e Roma la mia scelta è stata Roma. Uno perché essendoci stata già molti anni prima mi ero innamorata dei colori e della luce di questa città e due perché avevo bisogno di un cambiamento forte, volevo calore, leggerezza e tanto sole.

In cosa consiste il progetto “The mommy project”?

The Mommy Project è un lavoro sulla maternità. Essendo mamma di due bambini so che i 9 mesi della gravidanza e l'arrivo di un bambino ti sconvolgono la vita in tutti i sensi, sia emotivamente che praticamente. Ho cercato delle ragazze per accompagnarle in questo percorso per catturare le loro sensazioni, cercando di fermare passo per passo i loro cambiamenti, confrontandomi con loro. Le donne all'inizio mi erano praticamente sconosciute. La cosa bella è che con quasi tutte è nata una bellissima amicizia ed i nostri bimbi oggi giocano insieme.

Com'è nata la tua partecipazione al film-documentario “Voi siete qui” diretto da Francesco Matera?

Ho saputo di questa produzione,  un film documentario che ripercorre i luoghi di Roma diventati famosi attraverso il cinema italiano. Cercavano una fotografa straniera che prendesse il ruolo della coprotagonista e fotografa che accompagna lo storico del cinema Alberto Crespi durante il viaggio nella città eterna. Lui che spiega tutti i dettagli, retroscena e racconta, lei che incuriosita ascolta, fa delle domande, scopre una città a lei quasi sconosciuta e la ferma con la sua macchina fotografica. Entrambi in questo viaggio incontrano dei testimoni, registi, musicisti, attori che vengono intervistati e fotografati da lei. In pratica dovevo essere me stessa. Mi sono presentata, ho dovuto fare dei veri e propri provini, sono stata intervistata con la macchina da presa puntata addosso, ho portato il mio portfolio... ed alla fine mi hanno presa!

Questa esperienza ti ha portata sul famoso tappeto rosso al Festival del Cinema di Venezia...com'è andata?

E' stata un esperienza bellissima! Dopo quasi 3 anni che il film era rimasto in stand by per motivi di diritti ecc. siamo riusciti a sbloccare la situazione ed è stato presentato in prima mondiale alle Giornate degli Autori alla 68° mostra del cinema a Venezia. Io- come tutti gli altri coinvolti- sono stata felicissima che il film finalmente potesse essere visto. Dopo Venezia ha girato numerosi festival e quest'anno ha vinto la menzione speciale ai nastri d'argento nella categoria dei documentari. E' stato un successo e per me una bellissima soddisfazione averne fatto parte!

Hai fotografato Ozpetek, Verdone, Moretti, Scola, Bellocchio, Proietti, tanto per citarne alcuni. C'è qualcuno in particolare che ti ha colpito? Un aneddoto?

Sono stati tutti incontri molto emozionanti. Ho fotografato Ferzan Ozpetek a casa sua seduti  a tavola in cucina dove ha girato scene di “Saturno contro”, mentre bevevamo caffè e mangiavamo dolci turchi... Nanni Moretti è arrivato con la sua storica Vespa che tutti conoscono da Caro Diario e dopo una giornata passata insieme tra Tor di Quinto, dove è stata girata una famosa scena di “Ecce Bombo”, e Spinaceto abbiamo dovuto chiamare il carroattrezzi perchè la mitica Vespa si era bucata... Armando Trovajoli ci ha fatto scappare le lacrime mentre suonava il pianoforte per noi... Per me erano tutti quanti incontri che mai avrei sognato di poter fare. E solo molto tempo dopo ho realizzato e metabolizzato la quantità di emozioni raccolte nelle 2-3 settimane “on set”.

Quali sono generalmente le reazioni che riscontri nelle persone quando le poni davanti al tuo obiettivo?

Solitamente ci tengo a stabilire un minimo di rapporto prima di mettere tra me e la persona un obiettivo. Mi trovo più a mio agio avere di fronte una persona della quale so qualche piccolo dettaglio, della quale ho colto un'emozione... anziché un perfetto sconosciuto. Facendo in questo modo gli scatti poi vengono quasi da sé e chi ho di fronte si sente più tranquillo.
Questo vale sia per i commissionati che per i miei lavori personali.

Hai realizzato una bellissima serie di scatti che riguardano alcuni spaccati di vita dentro le tue quattro mura. Ne risultano immagini di un'intimità estrema, di tenerezza e complicità. Come è nata l'idea raffigurare la quotidianità di casa tua? e cosa significa per te mostrarti così "nuda"?

La serie “Family Portrait” è nata 6 anni fa quando mio figlio era appena nato. Io ero iscritta ancora alla Scuola di Fotografia e ci davano dei compiti, delle storie da seguire fotograficamente. Ero neomamma,  le mie giornate erano piene di mio figlio, non avevo la possibilità di uscire e cercarmi un tema sociale di grande impatto come hanno fatto altri e sentivo invece la necessità di fermare certi attimi passati a casa, momenti dei quali sapevo sarebbero passati velocemente. Quei tempi per me sono stati fondamentali sia personalmente che fotograficamente parlando. E' come se avessi scoperto pian piano una parte di me e per capire meglio ciò che succedeva l'ho fotografato, per guardarlo e riguardarlo ancora. La fotografia per me non è semplicemente un mezzo per riprodurre la realtà visibile su carta. E' anche uno specchio interiore. Per me è terapia.

Nella serie Obstacles affronti aspetti di te  stessa che percepisci come ostacoli. Anche qui tocchi la tua sfera più intima. La fotografia può esorcizzare i fardelli e le fragilità?

Non a caso “Obstacles” è nato poco dopo aver iniziato “Family Portrait”. Scavando dentro di me sentivo il bisogno di tirare fuori di più, di visualizzare emozioni molto profondi ed intime, confrontandomi così con me stessa, cercando di esorcizzare alcuni aspetti. La fotografia mi ha aiutato a tradurre tutto ciò che provavo in immagini più o meno comprensibili. E mentre progetto un nuovo scatto ed anche mentre lo realizzo è un passo molto liberatorio. Devo ammettere però che ci vuole continuità... altrimenti i fantasmi tornano.