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giovedì 1 novembre 2012

Artista del mese: ELISA ANFUSO




Elisa, prima di tutto raccontaci il tuo percorso artistico..

Dipingere mi è sempre sembrata una cosa naturale, anche più di parlare. Un'urgenza, persino un rimedio, sin da bambina. Così mi sono diplomata all'Istituto d'arte e poi laureata all'Accademia di Belle Arti. Ho sempre cercato consapevolezza, prima ancora che tecnica, e non mi sono mai chiesta sino a dove sarebbe arrivata la strada intrapresa, forse proprio perchè ho sempre pensato che non ve ne sarebbero potute essere altre.

Qual è la tua tecnica pittorica? Quanto la fotografia accompagna il tuo lavoro?

Dipingo ad olio su tela, o su carta. Quella dell'olio è una tecnica lenta, che procede per velature e che, in questo suo lento svilupparsi, mi permette di lavorare sull'opera ma soprattutto su me stessa, sui miei pensieri stratificati. La fotografia, in questo senso, è la visione iniziale. Nella sua istantaneità è uno strumento per fissare l'immagine al suo primo apparire. Realizzo dei piccoli set, ne curo le luci, i dettagli e scatto. Poi, davanti alla tela bianca, la foto diventa un bozzetto e la pittura ruba quel momento di realtà per fare il suo discorso.

Molto spesso lasci  lo sfondo quasi accennato a matita, perché?

Cerco di muovermi su due registri paralleli: da un lato la pittura con la sua corporeità, col suo farsi carne, col peso della realtà che si porta addosso, dall'altro i pastelli così come li usavo da bambina, senza nessuna ansia di reale, strumenti di un pensiero cui basta un segno per raccontarsi.

I tuoi soggetti sono sempre femminili, apparentemente dolci e trasognanti, ma in realtà sono velati da una sottile inquietudine.. che messaggio vuoi trasmettere?

E' un tentativo di comprenderla, quest'inquietudine. Non ho risposte ma cerco almeno di lasciarla affiorare in superficie, perchè la coscienza è già una risposta.

Le tue opere sono ricche di simboli, come il filo rosso, la mela, le gabbie, gli uccelli in volo, gli alberi, qual è il loro significato?

Platone diceva che dell'anima può parlarne solo Dio. L'uomo può soltanto accennarne per simboli ed immagini. Così, mentre il corpo si offre in tutto il suo apparire, l'anima ha bisogno di mezzi per essere sondata. Così i fili rossi simboleggiano i legami, la mela rimanda alla debolezza della carne, le gabbie sono complesse architetture mentali, gli uccelli incarnano l'anima stessa, capace di volare oltre i paesaggi terreni e gli alberi sono metafora dell'eterno conflitto che nasce dal nostro essere corpo con radici affondate nella terra, e spirito, con rami che vorrebbero toccare il cielo.

In che misura i sogni influenzano la tua vita reale e artistica?

I sogni sono il territorio dell' inconscio, il luogo in cui si tenta di risolvere i nostri conflitti, di liberare le nostre pulsioni e lo facciamo senza protezione, senza supervisione. In assoluta libertà ma di nascosto, di nascosto dagli altri e persino di nascosto da se stessi. E' questo che mi affascina. Se tutto si riducesse alla sola realtà condizionata e condizionabile, non vi sarebbe nulla di inesplorato, e probabilmente nulla di davvero autentico.

Elisa, credi nelle favole?

Si. Credo nella loro capacità di mostrarci le cose in maniera diversa, di rendere chiaro ciò che nella realtà è confuso, di riconoscere l’immenso solco tra le esperienze interiori e il mondo reale. E credo nella bellezza della fantasia.

Qual è la favola in cui ti riconosci di più?

Scarpette rosse, di Andersen. Racconta di bisogni e di desideri, di desideri che dovrebbero somigliarci e invece finiamo per spingerci così oltre da esserne sopraffatti. Racconta di una danza folle e inarrestabile che avrà fine solo quando  l'anima della bambina, staccandosi dal corpo, volerà in cielo. Tormentato e senza tempo, Andersen.

A cosa stai lavorando in questo periodo?
Illustrazioni per un testo di Anna la Touche, un progetto fotografico che ho in mente da un pò e una nuova serie di opere che nasce dal desiderio di approfondire alcuni archetipi propri delle fiabe e assolutamente contemporanei.






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