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martedì 6 dicembre 2011

Attacchi d'arte!!


Carissimi seguaci del nostro blog, abbiamo scoperto con piacere che ci seguite con passione, tanto che abbiamo ricevuto una segnalazione da parte di una lettrice e abbiamo deciso di pubblicarla!!

“Ciao, mi chiamo Maria, tempo fa mi sono imbattuta per caso nel vostro blog e devo dire che lo trovo molto interessante. Vorrei approfittare del vostro spazio per raccontarvi cosa mi è successo l’altro giorno: avevo appena salutato un’amica e mi stavo recando ad un appuntamento a via del Babbuino. Passando per Piazza del Popolo noto qualcosa di strano. Un cubo, alto circa un metro, sta in mezzo alla piazza a pochi passi dall’obelisco. Su ogni lato una grande faccia stilizzata, nessuna espressione particolare. La superficie non è liscia, sembra carta, sul volto diventano quasi cicatrici. Tutte le facce sono nere tranne una che è rossa e su un lato, in basso, una scritta, probabilmente una firma: “SUN.B”.
Ammetto che la cosa mi colpisce, soprattutto per un motivo, il cubo sembra essere stato abbandonato lì. Non c’è nessuno intorno che sembri averci qualcosa a che fare. Ho qualche minuto libero prima dell’appuntamento e decido di sedermi un po’ sui gradini dell’obelisco a guardare il cubo. Subito mi sembra che più che essere io a guardarlo sia questo ad osservare me. Le facce sono inespressive ma dopo pochi istanti che le si fissa inevitabilmente ti comunicano qualcosa. “Cosa” credo cambi da sguardo a  sguardo.
Si avvicina un ragazzo, spero sia coinvolto per chiedergli ulteriori spiegazioni su quello che potrebbe essere un oggetto dimenticato tanto quanto un’opera di street art a tutti gli effetti. Niente, mi dice che non ne sa nulla e di essere solo incuriosito, come del resto tanti altri dei numerosissimi passanti.
C’è anche però chi passa senza nemmeno fermarsi, come se vedere un cubo con sei volti di un metro l’uno in mezzo ad una piazza sia del tutto normale. Ormai siamo davvero abituati a tutto e niente ci sconvolge o, ancora peggio, non ci stupisce più. Forse stiamo perdendo la capacità di stupirci e questo cubo me lo ricorda.
Ecco che un bambino con papà a seguito si avvicina, il cubo diventa un perfetto strumento di gioco per un nascondino improvvisato.
Poco dopo invece si ferma vicino al cubo una macchina della polizia, uno due giri e se ne va. Torna insieme ad altre due persone e si mettono a parlare e guardare tutti nella piazza come se stessero cercando un criminale di guerra. Sorrido divertita dalla scena.
Per il bambino un gioco, per la polizia motivo di nervosismo e tensione. Sembra che ognuno carichi questo strano oggetto di un significato che in realtà nasce dal punto di vista di chi guarda.. chissà che non sia questo il suo senso.
Purtroppo devo andare, anche se resterei volentieri per vedere come va a finire. Riguardo le foto del bambino e della polizia fatte con la macchinetta che per fortuna avevo con me, cambio punto della piazza per scattarne della altre da più lontano e me ne vado.
Dopo una giornata in centro tra appuntamenti e negozi torno verso la metro Flaminio, quasi mi ero dimenticata de cubo ed invece, quasi dieci ore più tardi, passando per la piazza lo trovo ancora lì, da solo, in mezzo ad un niente riempito solo da “lui”. Strano che non lo abbiano tolto. Devo correre e lo lascio lì dove l’ho trovato. E la scritta, decisamente una firma, ancora lì: SUN.B, Sole-B, cosa vorrà dire?
Il giorno dopo chiedo ad un amico che sapevo sarebbe andato in centro di vedere se il cubo abbia resistito anche alla notte. Niente, verso ora di pranzo mi dice che nella piazza non c’è assolutamente nulla. È tutto normale.”





Approfittiamo di questa esperienza per chiedervi di segnalarci altre situazioni simili, ma anche mostre che vi sono piaciute o artisti che vi hanno colpito particolarmente!!

giovedì 1 dicembre 2011

Artista del mese: Francesco Bancheri


      Come sei arrivato al collage?

Non ci sono dovuto proprio “arrivare”, il collage è una tecnica che mi ha sempre stimolato, in alcuni lavori precedenti l’ho spesso usata anche se non in modo cosi assiduo e quasi totalizzante.
Sono passato per varie contaminazioni tra carte e colori e per il momento la composizione cromatica attraverso il mezzo della carta è la tecnica che più mi appaga.

Cosa ti attrae di questa tecnica?

A livello “tecnico” può sembrare un lavoro non istintivo, molto costruito e ponderato, e a volte si presenta tale anche nello svolgimento, ma nella maggior parte dei casi è un lavoro intuitivo che nasce da colori, storie, immagini da accorpare in modo, non dico irrazionale, ma sicuramente istintivo.
Io non incollo tutta la carta, lavoro quasi esclusivamente con i quotidiani che sfoglio, taglio e assemblo. Nell’ iter della lavorazione mi faccio un’idea di cosa succede, di quale auto vendono, di chi gioca domenica e di chi spara ed a chi. I giornali sono una fonte inesauribile di attualità, rimangono il mezzo più “romantico” dell’informazione moderna ed è giusto continuare a farli vivere vista la ricchezza di spunti di “contemporaneo” che possono fornire.
Le opere finite che si costruiscono di “ritagli di oggi” vogliono essere realmente intrise di contemporaneità, cercando di far avvicinare chi guarda l’opera ad un concetto visivo diverso da quello rappresentato dai media.
Trasformare, insomma, un’arma di disturbo di massa in una tenue e accogliente presenza del presente.

Francesco, in realtà sei un artista che non si chiude in una sola direzione, ma ama spaziare. Realizzi anche opere che partono da fotografie sulle quali poi intervieni con il colore. Cosa provi in questi casi, dove c'è più improvvisazione rispetto al collage?

Sicuramente è un altro tipo di lavorazione, si parte dalla fotografia, e, nonostante possa sembrare un’improvvisazione, anche qui la scaletta è ben costruita e poco o nulla è lasciato al caso.
In realtà la parola improvvisazione non descrive il mio modo di lavorare, ma per quanto ho visto in giro non fa parte del modo di lavorare di nessuno; chi sembra improvvisare è perché possiede in sè il gesto, non so se mi sono spiegato, se un artista improvvisa 10 volte farà 10 lavori simili o quanto meno riconducibili alla sua mano, potremmo forse chiamarla esperienza o gesto.

Quali sono i soggetti che preferisci? Perchè?

Mi è capitato di rispondere a questa domanda più volte e alla fine ho pensato e detto ogni volta qualcosa di diverso; in realtà mi interessa ciò che in quel momento mi “interessa”: sono passato da birilli a pecore; da sottomarini a ritratti; da ballerine a biliardini e musicassette…
Posso dire che mi interessano tutti i soggetti ma in momenti differenti, mettiamola cosi…
Ad interessarmi realmente sono le icone che in quel momento mi sembrano efficaci a trasmettere il messaggio che ho in mente.

Ci sono dei progetti che hai lasciato in sospeso? O hai terminato tutto ciò che hai iniziato?

Ho tantissimi progetti in sospeso…
                                                                         
C’è un artista che ammiri particolarmente?

Ce ne sono tantissimi, se devo dirti un nome il primo che mi passa per la testa è Man Ray.

Hai visitato qualche mostra interessante negli ultimi tempi? O credi che ci sia qualche mostra da vedere?
Ultimamente ho visitato la mostra di Rodchenko ed è sicuramente da vedere.

Perchè è importante continuare a "fare arte"?

“Fare arte” e “vedere arte” sono necessità per tutti i popoli ed è importante “fare arte” anche per quei popoli ai quali è negato questo diritto.
Scrivere, dipingere, recitare, suonare, fare film, fotografare… insomma fare Arte!
Sicuramente se domani per assurdo il mondo artistico scomparisse se nulla di quanto sopra elencato fosse mai esistito avremmo sicuramente tanto in meno di cui parlare, e non è poco visto che ormai la maggior parte delle persone parla poco e sempre delle stesse cose e per lo più per bocca di altri.
A proposito quando c’è il derby?

Marcel Duchamp ha detto: “Mi sono costretto a contraddirmi per evitare di conformarmi ai miei stessi gusti.” Cosa ne pensi?

Duchamp è stato effettivamente capace di contraddirsi volontariamente e anche più volte, se questa voglia/coraggio colpisse ogni artista una volta tanto la nostra ricerca sarebbe sicuramente più ampia e sorprendente.


domenica 13 novembre 2011

mostra MONDRIAN. L'ARMONIA PERFETTA




Come al solito il Complesso Monumentale del Vittoriano presenta  mostre come specchietti per le allodole, proponendo il grande nome ma esponendo opere di qualità discutibile.
La mostra in corso “Mondrian. L’armonia perfetta” ripercorre il cammino artistico di Piet Mondrian, accogliendo il visitatore con un video praticamente inutile che non spiega nulla né sulla vita né sulla poetica dell’artista.
Nelle prime sale si scoprono gli inizi del pittore come realista di fine ‘800, dove viene presentato accanto a Matthijs Maris, a mio parere  un pittore molto più interessante di lui. Nei primi del ‘900, invece, subisce il fascino della teosofia (una dottrina in bilico tra filosofia, religione e scienza che attirò anche Kandinskij) e i suoi quadri assumono una carica più simbolica fino ad approdare alla tecnica del luminismo (puntinismo). Le opere artisticamente più valide le troviamo quando Mondrian inizia la scomposizione dell'immagine, mi riferisco ai diversi studi in mostra degli “Alberi”. Qui ci si può veramente perdere negli intrecci dei rami dove la ricerca di sintesi verso forme più semplici lo porta alla rappresentazione dell'albero come l'evoluzione della parte terrena che cerca di spingersi verso lo spirituale.
Le opere che tutti si aspettano di vedere, però, sono quelle degli anni 20 del '900 che hanno caratterizzato lo stile dell'artista, le tipiche composizioni con i quadrati colorati gialli, rossi e blu ma in realtà sono poche quelle in mostra (una decina), accompagnate comunque da opere di altri artisti che, come lui, si sono imbattuti nel linguaggio del De Stijl e del Neoplasticismo.
Un aspetto curioso dell'allestimento è dato dal pannello finale che offre una  playlist musicale di pezzi raffinati, mentre discutibile appare la scelta di chiudere la rassegna con l'esposizione di cinque abiti femminili, che sembrano trovarsi lì per caso, in stile anni dieci - venti o Charleston, probabilmente per evocare la passione dell’artista per il ballo, la musica jazz, i locali del periodo   newyorchese.

La mostra “Mondrian. L’armonia perfetta” è visitabile da 08/10/2011 al 29/01/2012, con un biglietto d'ingresso di ben 12 euro, presso il Complesso Monumentale del Vittoriano.


mercoledì 9 novembre 2011

mostra FOTOGRAFANDOCI


I
MPERDIBILE
Fino all’ 11 Dicembre al Vittoriano c’è un pezzo della nostra storia raccontata attraverso gli scatti dei fotografi ANSA.
Le immagini coprono un periodo che parte dagli anni ‘40 fino ai giorni d’oggi.
Divise per decenni, le foto alternano alla memoria momenti drammatici come il ritrovamento del corpo senza vita di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse a momenti di gioia collettiva come la mitica partita Italia – Germania 4 a 3. Per ogni decennio è stato scelto un ritratto della personalità femminile che maggiormente caratterizzò quel particolare periodo, campeggiano quindi enormi i volti della Magnani, della Levi Montalcini, della Iotti, vere icone dello spessore dell’universo femminile forse un po’ offuscato dall’imperante “olgettinismo” degli ultimi tempi. A tal riguardo non si possono omettere le immagini delle miss anni ‘50 in posa davanti a Castel Sant’Angelo, splendide nel pudore di quei costumi così accosciati eppur così sensuali a dispetto dei moderni tanga brasiliani “sbatti- culo in faccia”.
Vorrei segnalare tre foto che ho trovato particolarmente incisive, la prima ritrae cardinali e vescovi in occasione dei funerali di Papa Giovanni Paolo II, la ieratica sacralità dell’evento è sconvolta da una folata di vento improvvisa ed è tutto uno svolazzare di mantelline rosse che fa sorridere e che riporta il clero ad una dimensione più umana. La seconda foto che mi ha colpito è sempre molto contemporanea e raffigura i lavori per la costruzione di un tunnel per il TAV. Il nuovo che avanza ricorda paradossalmente tantissimo il primo film di fantascienza “Metropolis” (del 1927!!), con questa enorme elica che campeggia al centro della scena con i minuscoli operai nella proporzione di formiche laboriose che bucano montagne nel nome del progresso. La terza foto riprende Benigni e Troisi che parlano sul set di “Non ci resta che piangere”, un film che resta una pietra miliare nella comicità della commedia italiana con due grandissimi protagonisti che non avremo più la fortuna di rivedere insieme.
Andare a vedere questa mostra fotografica fa bene allo spirito, ti fa sentire più italiano nel bene e nel male, le immagini ti restituiscono le storie di cui chi è della mia generazione ne ha solo sentito parlare (ma allora Badoglio è esistito davvero!!) e ricordano fatti importanti e frivoli che hanno contribuito alla costruzione della nostra identità.

giovedì 3 novembre 2011

MOSTRA “AUDREY A ROMA – ESTERNO GIORNO”


Al Museo dell’Ara Pacis è possibile visitare la mostra dedicata ai trent’anni che Audrey Hepburn ha trascorso a Roma, organizzata da Zètema e curata dal secondo figlio dell’attrice, Luca Dotti.
In occasione del 50° anniversario di Colazione da Tiffany, (film del 1961) dove l'interpretazione della eccentrica, ingenua e mondana Holly Golightly è generalmente considerata la miglior performance dell’attrice, una selezione di150 scatti inediti coglie Audrey Hepburn in momenti di vita quotidiana nella città di Roma, spesso accompagnata dall’immancabile cagnolino.
Sono esposti anche gli abiti originali indossati dall’attrice, che ci riportano agli anni 70, quando la Hepburn venne consacrata icona della moda del tempo, grazie  alla sua semplicità ed eleganza. Del resto, il famoso tubino nero Givenchy indossato nel film Colazione da Tiffany è considerato uno degli abiti più influenti nella storia dell'abbigliamento e del costume del ventesimo secolo!
Una curiosità: in mostra si può ammirare la mitica Vespa utilizzata nel film Vacanze Romane, dove un affascinante Gregory Peck gira per le strade di Roma con l’indimenticabile Audrey Hepburn nei panni dell’adorabile principessa Anna.
Un video esclusivo montato da Pier Paolo Verga e prodotto da Luchino Visconti rivela, invece, momenti della sua vita privata lontana dalle scene: l'incontro e il matrimonio con Andrea Dotti, la nascita del figlio Luca, le passeggiate in montagna, le vacanze al mare.
Infine, uno spazio è dedicato alle immagini dall'archivio Unicef che documentano i viaggi di Audrey Hepburn tra i bambini di Bangladesh, Vietnam, Somalia, Sudan, Etiopia ed America Latina, che sono solo alcune tra le numerose missioni a cui l'attrice ha dedicato interamente l'ultima parte della sua vita. La mostra sosterrà, infatti, alcuni progetti dell’ Unicef, organizzazione a cui l’attrice dedicò parte della sua vita come Ambasciatrice.
Ci piace concludere citando il figlio di Audry, Luca Dotti, che alla domanda “Perché tua madre scelse Roma? Cosa la catturò?” risponde: “Sicuramente il sense of humour di questa città, il suo cinismo raffinato. Quella capacità di sdrammatizzare che le consentì di vivere una quotidianità ‘normale’. Roma ha visto tutto e non si stupisce di nulla. Mia mamma amava molto ridere e questo lato della città la sedusse.”
E allora lasciatevi sedurre anche voi da questa mostra che vi aspetta presso il Museo dell’Ara Pacis dal 26 ottobre al 4 dicembre. Orario: ore 9.00 -19.00. L’ingresso è consentito fino alle 18.00 - chiuso il lunedì.
Mostra visitata il 29/10/2011