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lunedì 3 ottobre 2011

Artista del mese: Stefano Bolcato


Non possiamo non cominciare chiedendoti… come nasce l'idea dei Lego?

Passione infantile e gioco preferito, rimasto a lungo in cantina un giorno, improvvisamente ho pensato di rimettere  in azione gli omini per farli diventare attori, strumento per una nuova ricerca artistica, trasferire la loro “nuova vita“ sulla tela e in modo decisamente diverso da come vengono proposti in foto sulle confezioni al negozio.

Le tue opere sono caratterizzate da colori sgargianti e soggetti
legati al mondo dell'infanzia, ma trattano anche tematiche "adulte",
come in "Non erano rose" e "Senza uscita".
Ti interessa, quindi, anche una indagine sociale?

Ho pensato di stravolgere il loro aspetto rassicurante di giocattoli predestinati, li ho brutalmente trapiantati nella realtà a volte grigia, opaca, spietata del mondo adulto. Questi piccoli personaggi e tutti i loro accessori sono un ottimo strumento per fotografare e raccontare la realtà con tutte le sue sfumature, anche quelle più scure. La seduzione prodotta dai colori vivaci tipici del giocattolo mi sembra un ottimo elemento da contrapporre alla drammaticità di certe scene rappresentate.  Grazie al pubblico mi sono reso conto che è possibile dare una lettura stratificata e diversificata dei miei lavori e, fortunatamente, le persone mi riferiscono la loro visione del quadro che a volte è ben diversa dalla mia, anche se apparentemente il messaggio contenuto può sembrare univoco. Se possibile, cerco di stimolare un nuovo punto di osservazione su fatti e persone che sono sotto gli occhi di tutti. Considero questo lavoro un’ operazione trasversale, evidenziare il tema dell’apparire come pratica tanto valorizzata in molti canali mediatici, contrapporla alla verità che si trova nella sostanza delle relazioni che legano gli uomini, svelando quella patina stucchevole che tutto vuole perfetto e armonico. Altro elemento che considero portante di questo lavoro è il portare l’ingrandimento di personaggi tanto piccoli a dimensione umana in un rapporto uno ad uno, quando possibile, generando nello spettatore davanti alla tela una sorta di “transfert” simile a quello che si stabilisce tra il bambino e il suo mondo fantastico nel momento in cui si svolge l’azione del gioco. Riproporre in qualche modo, rivisitata, una magia infantile, nuova manifestazione della tanto diffusa sindrome di Peter Pan.

Come si crea l'immagine di taglio fotografico nella tua tela?

La realizzazione del quadro, solitamente olio su tela, è l’ultimo passaggio di un lavoro in più fasi. In linea di massima il percorso è questo: parto da un’idea legata ad un episodio, una notizia o una foto che mi colpiscono, cerco nelle mie scatole di Lego elementi utili per comporre materialmente la scena, segue l’allestimento del micro set di posa e lo studio della luce e dei dettagli, posiziono la macchina fotografica digitale a distanza ravvicinata in maniera di ottenere un effetto realistico ed eseguo numerosi scatti sperimentando angolazioni, luce, atmosfere diverse e modificando posizione dei personaggi e degli accessori.  Trasferisco le immagini sul PC, inizio la selezione e decido il taglio definivo da dare all’inquadratura.  Ultima fase, disegno la scena sulla tela prendo i colori e completo il lavoro.

Dove trovi ispirazione?

Beh quella non manca davvero, osservando i fatti di cronaca, economia, costume, politica e via dicendo. Veramente se ne vedono di tutti i colori!

Ti sei sempre interessato al pop o hai attraversato anche altri stili?

Lavoro da molti anni, ho iniziato con un percorso di impostazione accademica.  Ho praticato temi classici, paesaggio e architetture soprattutto, in ogni caso sempre in ambito figurativo, dal 2006 mi dedico principalmente al lavoro con omini Lego.

Pensi che  a Roma ci sia spazio per la Pop Art?

La questione delle etichette su correnti, movimenti ecc. la considero argomento aperto, a Roma penso a due o tre gallerie che trattano artisti vicini a questo genere.

Se Bolcato non avesse  trattato il tema dei Lego, cosa avrebbe attratto il suo interesse?

Mi interessa molto la figurazione in ambito pittorico, disciplina con la quale mi sono formato artisticamente. Il colore mescolato, steso, sfumato su una superficie produce nella mia sensibilità delle vibrazioni piacevoli, finché c’è emozione il lavoro resta in piedi con la sua forza, il suo contenuto e la sua forma, per quanto mi riguarda il soggetto rappresentato può cambiare anche di molto.

Qual è l’artista del momento che trovi più innovativo?

Isaac Cordal e Slinkachu per alcune evidenti affinità con il mio lavoro. In ambito Neo Pop, per cosi dire di casa nostra, secondo me meritano attenzione Fidia Falaschetti, Teresa Morelli, Hackatao, Francesco De Molfetta, Paolo Schmidlin ma altri ce ne sono. Non so dire chi sia più innovativo ma apprezzo molto la loro sagace ironia, l’attenzione a certe forti contraddizioni dell’esistenza umana su temi importanti che toccano molte persone, la vivacità di spirito che mostrano i loro lavori. Ci sono artisti notevoli in certe forme di street art con molta immediatezza realizzano opere con grande energia, in rete si trovano un mucchio di immagini.

Come sei arrivato a  Piano Creativo?

Passaparola, da un’amica mi è arrivata la voce di uno spazio per artisti che si liberava e cosi eccomi qua.

Quando si svolgeranno i prossimi Studi Aperti? 
 
Ci stiamo ragionando, fine novembre è un periodo probabile.


sabato 3 settembre 2011

    
CITTA’ APERTA

 17 settembre – 2 ottobre 2011
 Vernissage 17 settembre alle ore 18,30

L’Associazione Culturale Artedì  e la Galleria Spazio 120 sono lieti di  presentarVi l’esposizione collettiva “Città Aperta”.
Il prestigioso spazio espositivo, sempre aperto a nuove possibilità espressive e pronto a cogliere i nuovi linguaggi della contemporaneità pur rimanendo legata alla tradizione figurativa italiana, propone insieme ad Artedì un nuovo punto di vista sul paesaggio urbano attraverso l’arte di sette giovani ma già affermati artisti.
Alessandro Calizza, Boris Contreras, Valerio Giacone, Arianna Matta, Sabrina Ortolani, Ilaria Paccini e Giulia Spernazza attraverso un unico filo conduttore fatto di strade-cemento-palazzi-rottami propongono, ognuno con il proprio specifico linguaggio espressivo, un tema di grande attualità in cui lo spettatore può facilmente riconoscere l’habitat che lo circonda e ritrovare in esso inaspettata poesia e umanità.
Al vernissage la società Ideedigitali, azienda di software per allestimenti di gallerie multimediali, proporrà al pubblico una piattaforma tecnologica per la gestione di “esposizioni virtuali”.
All’interno della galleria avverrà la presentazione in 3D dei quadri esposti, anche attraverso l’uso creativo e non convenzionale della tecnologia QR-Code, creando così i presupposti per confrontare la potenzialità di una mostra digitale con la fruizione dal vivo delle stesse opere d’arte. Tale confronto può diventare un nuovo veicolo comunicativo per una nuova gestione delle singole opere a cui sarà possibile associare file PDF, audio e video attraverso cui spiegare e valorizzare al meglio l’intenzione del progetto artistico, la sua genesi o l’ambiente in cui l’artista opera.

Galleria Spazio 120
Via Giulia 119, 120, 121
00186 Roma
Orari: dal martedì al sabato 10,00 – 19,30
domenica 10,00-13,00
Tel/Fax: 06 64760439
www.spazio120.it

martedì 2 agosto 2011

Artista del mese: Arianna Matta


Arianna, la tua ultima partecipazione in campo artistico ti ha vista arrivare a giugno fino a Los Angeles  per la prima edizione del Donkey Art Prize, concorso mirato alla promozione dell'arte contemporanea. Com’è stata questa esperienza all’estero?
Mi ha dato modo di confrontarmi con artisti interessanti e con realta’ umane e intellettuali figlie di contesti artistici e culturali di piu’ampio respiro.
Nel 2011, invece, sei risultata finalista del Premio Arte Laguna presso l’Arsenale di Venezia. Hai ricevuto già degli importanti riconoscimenti, nonostante ti sei affacciata da poco nel campo dell’arte. Che differenze hai trovato tra la manifestazione americana e quella veneziana?
Sicuramente, essendo alla quarta edizione, il Premio Laguna è più strutturato. La scelta dei finalisti ha cercato di interpretare e dar voce alle istanze che al momento appaiono come le piu’ pressanti nel panorama artistico contemporaneo. La manifestazione americana ancora “acerba” sul piano organizzativo,ma sicuramente ottima fucina di talenti, trovera’ di certo nel prossimo futuro,la via per divenire una tra le piu’ interessanti e stimolanti di settore.
Raccontaci il tuo percorso artistico..
Di sicuro un percorso tortuoso,impervio ,denso di ostacoli,ora di carattere contingente, ora di matrice emozionale .Sono stata a lungo dilaniata da una sorta di dualismo emotivo, sospesa tra il dover essere e l’irrefrenabile richiamo dell’arte. Muovendo da una formazione di tipo classico-umanistico, ho sentito l’esigenza di frequentare atelier di artisti e i corsi della Libera Accademia di Belle Arti di Roma, per dare corpo ed arricchire la mia personale esperienza di pittrice.
Dipingi soprattutto paesaggi urbani, cosa ti colpisce a prima vista quando capisci che hai di fronte lo scorcio giusto?
Quando sento che si instaura un filo, una continuità emotiva tra il soggetto e il mio stato d’animo.
Le tue opere affascinano per la luce che riesci a catturare e a trasformare in atmosfere soffuse. Colpiscono anche le ambientazioni post-industriali, dove ti aggiri per trovare l’ispirazione?
Il primo input venne dalla quotidianità, dal pendolarismo, dal lavoro di informatico. Le aziende spesso erano dislocate in zone periferiche, piene di fabbriche, uffici, architetture. Le mie giornate erano spese tra stazioni, aeroporti, sottopassaggi, scale mobili, open space; e ancora, velocità, caos, flusso di persone: persone alienate, persone immobili, persone come me, schiacciate dal quel meccanismo fino a esserne risucchiate come in un buco nero; persone sovrastate e divorate da quelle stesse strutture fino a risultare invisibili. Iniziai dipingere paesaggi urbani per esorcizzarli.
Ultimamente stai sperimentando qualcosa di diverso: il tuo stile appare meno descrittivo a favore di una tecnica più veloce. A cosa è dovuto questo cambiamento?
Alla distanza che si sta creando tra me e i soggetti rappresentati. Sono la coda di una condizione di vita che sta cambiando. Sento quindi l’esigenza di trascendere la forma, di portarla verso l’astrazione, per arrivare,gradualmente, ad un nuovo linguaggio espressivo. Si tratta ovviamente di un’operazione complessa, in continuo divenire, come in “fieri” sono le istanze e gli scenari emotivi della mia vita che cambia.


Illustraci il Progetto Factory 2, il nuovo spazio polivalente che quest’anno hai inaugurato a Pavona.
Si tratta di un progetto stimolante ed ambizioso che in quanto tale si configura come una vera e propria sfida. Nato dal mio incontro e collaborazione con Barbara Marzella, altra giovane artista di talento, e dalla comune volonta’di riqualificare in senso artistico il territorio dei “Castelli romani”, il progetto Factory 2 si propone come spazio aggregativo ed espositivo, oltre a presentare un ricco palinsesto di corsi di pittura disegno e decorazione
Prossime mostre?
Avro’ Il piacere di esporre a settembre insieme ad artisti che stimo enormemente, quali Sabrina Ortolani e Valerio Giacone, presso la galleria spazio 120. In autunno una mia personale presso la galleria Iuno, sempre a Roma.




    

venerdì 1 luglio 2011

Artista del mese: Marcello Toma



Marcello e gli ingranaggi: come nasce questo connubio?
Per quanto possa sembrare contraddittorio, non sono un appassionato di meccanica. In un quadro che dipinsi all’età di vent’anni, compariva la copertina di una sceneggiatura di J.P.Sartre, dal titolo “L’Ingranaggio”: rivedendo quel quadro e rileggendo il testo del filosofo, è scattato qualcosa…
Gli incastri presenti nei tuoi quadri raccontano una metafora di vita? Che messaggio vuoi trasmettere al fruitore delle tue opere?
Ovviamente la metafora è lì, alla portata del più sprovveduto dei fruitori. Volendo rimanere in un discorso generale, i Rotomatismi, come mi piace chiamarli con un neologismo, ci rappresentano in tutto e per tutto: sono individui e nello stesso tempo sono parte inscindibile di un meccanismo che li costringe a ruotare, e questo movimento può essere armonia pura o insopportabile coercizione. Se c’è un messaggio da trasmettere è quello della forza della collettività, l’idea che ogni singola rotella, disposta al posto giusto, può contribuire alla creazione di una macchina potentissima in grado di stritolare l’arroganza dei potenti. Ma questa consapevolezza, come vediamo, ancora non c’è…
Piano Creativo: la condivisione dello spazio lavorativo con altri artisti ti ha cambiato qualcosa? Aspetti positivi e aspetti negativi di questa esperienza..
Condividere lo spazio di lavoro con persone che operano nel tuo stesso campo non credo possa avere aspetti negativi. Qui ognuno ha la possibilità sia di lavorare in grande solitudine che di condividere le problematiche del proprio lavoro con gli altri: in altre parole è libero! Nel momento in cui, però, decidi di chiedere un consiglio, un parere o un aiuto di qualsivoglia genere, Piano Creativo diventa qualcosa di unico e quasi commovente: c’è sempre qualcuno che ti ascolta attentamente e mette la sua esperienza a tua disposizione disinteressatamente. Io sono felice di questo e affronto le giornate di lavoro con questa meravigliosa consapevolezza. Senza contare il piacere di ritrovarsi fra artisti tutti bravissimi e dai quali ho solo da imparare (voi lo sapete bene), per cui la gratificazione agisce su due piani: quello umano e quello professionale.
Quanto ti influenza il tuo background da architetto?
La capacità di astrazione, il pensare tridimensionalmente, il senso prospettico retto da una conoscenza delle regole, un senso dei volumi e dell’equilibrio degli stessi, non so…direi che l’influenza può essere questa, ma forse prescinde dagli studi, credo che sia una cosa innata.
La figura umana è praticamente assente nelle tue opere. Si tratta di una specie di nichilismo? Quanta umanità c’è nei tuoi meccanismi?
Come dicevo prima, l’uomo è il protagonista dei miei quadri, anche se ne manca una rappresentazione classica. Anzi più che l’uomo, per citare un bel libro, La condizione umana (A.Malraux). Mi piace dire che “dipingo ingranaggi e cerco di farli parlare, a volte ci riesco e a volte no”, e il senso dell’inutilità del nostro vivere e agire, che avverto spesso, si alterna alla voglia di essere parte di un disegno più complesso di cui, anche se non comprendo il senso, sento la presenza.
Guardando un tuo quadro, “Rotopolis”, mi viene in mente una frase del film di Fritz Lang, Metropolis: “Il robot è quasi perfetto. Gli manca solo un’anima. Ti sbagli, è meglio senz’anima.” Ti sei ispirato al film?
Quel quadro rappresenta la fine del “sogno industriale” che avrebbe dovuto permetterci di vivere tutti felicemente avendo relegato alle macchine il lavoro fisico, quello che nessuno avrebbe voglia di fare. Il sottotitolo “il futuro passato” indica proprio questo: la fine di un’idea di futuro idilliaca, e le ruote dentate che precipitano sono proprio le nostre speranze legate a quelle “magnifiche sorti e progressive” su cui ironizzava già Leopardi.
Il riferimento al film, di cui traduco un famoso fotogramma, è comunque chiaro, ma l’ispirazione, se vogliamo usare questo termine, è figlia dei sogni architettonici di Antonio Sant’Elia per Milano e delle intuizioni di Raymond Loewy.
Cosa ti aspetti dalla situazione artistica odierna?
Spero che finisca il tempo in cui un tappeto di burro di arachidi possa essere considerato un’opera d’arte, faccio solo un esempio, reale peraltro. Oppure che solo la provocazione, l’atto estremo, faccia notizia. Io sono solo un pittore, non mi considero un artista, misuro le opere degli altri con i miei poveri strumenti e trovo che il panorama sia irritante più che desolante. E tutto questo sgomitare per avere un attimo la luce puntata…
Progetti per il futuro?
Il futuro è il prossimo quadro, oltre non vado. E poi c’è una mostra con gli amici di Piano Creativo; sarà un bell’evento e un’altra occasione per far conoscere questa realtà che, come non ci stanchiamo mai di ripetere, è un luogo di lavoro reale, che tutti potete venire a vedere quando volete e non solo in occasione degli ormai famosi “studi aperti”.
Ti senti di dare qualche consiglio a chi si affaccia per la prima volta in questo campo?
Sarò banale ma quello che mi viene in mente sono le parole che Michelangelo scrive ad un allievo: “Disegna Antonio, disegna e non perder tempo” indicando con questo la necessità di lavorare duro per poter padroneggiare il più possibile gli strumenti della rappresentazione. Per me la capacità tecnica è alla base, sempre, di un buon lavoro. Il resto è, quasi sempre, fumo…
           

Mostra Jan & Sara Saudek


Sabato 25 giugno ha inaugurato la mostra di Jan e Sara Saudek a Mondo Bizzarro, una retrospettiva che accoglie i lavori del 1992 al 2003.

Una galleria di personaggi improbabili si offre sfacciatamente allo spettatore: alcuni sembrano appena usciti dal Circo del secolo scorso, come nane e donne contorsioniste, altri ostentano una fisicità prorompente ed eccessiva, senza alcuna inibizione. Provocatori e permeati da un erotismo immerso in una dimensione onirica, gli scatti dei coniugi Saudek sono accomunati da una forma di affascinante decadentismo.
Particolarmente d’effetto sono le foto di Jan, ambientate dentro una stanza (altro non è che il suo scantinato) le cui pareti presentano l’intonaco scrostato, umido di pioggia. Trascolorando, la parete acquista una valenza pittorica che caratterizza le sue opere proprio per questi interventi ad acquarello che l’artista esegue sulle stampe in bianco e nero, ottenendo uno stile a metà tra pittura e fotografia di altissima qualità.

Mondo Bizzarro, 
via Reggio Emilia, 32 C/D
Jan & Sara Saudek, Retrospettiva 
Dal 25/06/2011 al 04/09/2011