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mercoledì 1 giugno 2011

Artista del mese: Francesco Esposito

Negli ultimi tempi si assiste ad un fenomeno di grande tendenza: numerose persone si improvvisano fotografi, millantando capacità tecniche supportate dalla diffusione di macchine fotografiche digitali sempre più alla portata di tutti. Francesco Esposito, invece, rientra, con merito, tra i pochi fotografi di talento che si affacciano sulla scena romana.

Francesco, il tuo mondo è spesso popolato da figure inquietanti che si muovono in contesti surreali, destabilizzando e allo stesso tempo affascinando l’osservatore. Come nascono le tue fotografie? Hai già in mente il risultato o sono quasi sempre il frutto di continue improvvisazioni/ripensamenti?

Le foto che vedi sono il frutto di un pensiero  - o meglio di un progetto mentale  - che ogni volta cerca di diventare sempre più complesso grazie alla crescita tecnica accumulata negli anni … poi sì, ogni tanto mi capita di scattare foto non previste, trovo affascinante anche l’improvvisazione.

La tua ricerca fotografica è una metamorfosi perenne, non è mai uguale a se stessa e ricca di spunti sempre nuovi. E’ sintomo di un’inquietudine personale?

Dottore è grave?!    :-)

Quanto c’è di autobiografico nel tuo lavoro?

Credo tutto, almeno nelle mie ricerche personali, anche se è impossibile essere lucidi o essere consapevoli di questo nel momento più importante, ovvero quello della progettazione. Nei lavori commissionati e poco creativi invece mi fermo ad un contributo  tecnico e poco emotivo, anche perché il risultato spesso deve essere giustamente gelido e razionale.

La tua poetica sembra attingere da un substrato onirico. Si tratta di una visione emotiva, di elucubrazioni mentali o di una ragionata struttura intellettuale?


Forse tutte e tre le fasi-metodo insieme, anche se io non mi reputo un artista e quindi la visione emotiva della cosa la prendo un po' con i guanti.


Nel 2011 hai insegnato Photoshop  in un Corso di fotografia e fotoreportage. Raccontaci questa esperienza..


Ho visto umani che voi umani …
E' stata ed è un esperienza splendida. All’inizio ero molto teso e di default non amo molto le persone, con loro però mi sono ricreduto perché hanno una passione pura. Ho visto uomini dell’età di mio padre freschi come 13enni alla cresima e molti miei colleghi morirebbero di invidia nel vedere la loro passione e le loro capacità ancora non espresse. Per il resto, amo anche il metodo e la filosofia dell’NSR (Nuovi Scenari Roma) che ha reso l’insegnamento fotografico una cosa antielitaria.
                                                          
Esiste uno scatto al quale sei particolarmente legato e per quale motivo?

Quando sono andato a vivere da solo avevo un grandissimo desiderio, ovvero avere una gigantografia di una mia foto in soggiorno …
Lo scatto in questione è quello della ragazza che galleggia nel lago della città di cartone. Beh, credo che quello sia uno scatto maledetto. Non credo a queste cose - sia chiaro - ma sotto quella foto che prendeva tutta la parete sono successe cose incredibili e indelebili. Durante il periodo di realizzazione ero inquieto e isterico, passavo gran parte del mio tempo da Ikea e questo mi stancava molto - io odio Ikea soprattutto di domenica. Quindi questa immagine ha assorbito tutte le mie Ansie e una volta stampata così grande nel soggiorno le ha riversate dentro casa. Durante lo scatto ho fatto ridere la modella a vuoto per quasi un ora è stata un esperienza molto inquietante ma cercavo con ossessione quel sorriso. Sono stato un deficiente ad usare la mia casa come cornice di quello scatto, forse era meglio un ritratto di padre Pio con una svastica in fronte.
Prima di abbandonare per sempre quella casa io e la mia ragazza, presi dall’ira, l’abbiamo staccato dal muro, l’abbiamo sbattuto per terra, spaccato, fatto in tanti piccoli pezzi e poi gettato nel secchione della spazzatura. Tutta la pratica però non è servita a niente...ora sono tornato a vivere con i miei.


I tuoi lavori sono frutto di un linguaggio raffinato, supportato da abili fotoritocchi digitali che incoraggiano ogni genere di iniziativa creativa. Quale aspetto dell’animo umano vuoi mettere a nudo?

Sai che penso? Che questo per me è un periodo, cioè non sono un feticista di Photoshop. Credo che sia un mezzo utile per raggiungere i propri scopi e fare pace con la pittura (esperienza che m’è sempre mancata). Per il resto un giorno forse tornerò alla fotografia pura e racconterò le stesse cose in maniera più matura … o forse no.
Comunque, ecco, credo che quello che si vuole esprimere vada oltre il mezzo usato. Per il resto sono attratto molto da “un’avanguardia sentimentale” 
-rido-
Scherzi a parte, con Photoshop si può raccontare tutto, come per tutte le altre tecniche artistiche.



C’è qualche fotografo con il quale ti piacerebbe confrontarti?

Con tutti.

Parlaci della tua collaborazione con Burningstudio..

A venticinque anni si può essere molto passionali. Burningstudio nasce come una reazione violenta al lavoro creativo in Italia. “Gli studi che ci prendono a lavorare sono gestiti da persone nauseabonde? Sti Cazzi! facciamo uno studio noi” (questa è la filosofia portante del progetto). Poi con il tempo NON ci siamo addolciti per niente. La fiamma malgrado tutto è sempre accesa.     


Secondo Neil Leifer, fotografo statunitense, “La fotografia non mostra la realtà, mostra l’idea che se ne ha”. Condividi il suo pensiero?


Neil Leifer scattava principalmente avvenimenti sportivi...forse pensava “al risultato reale” da giocarsi alla Snai. Comunque condivido.

lunedì 9 maggio 2011

Mostra: Tra sacro e profano





In una della vie storiche più “artistiche” di Roma, via Giulia, si trova la Galleria Spazio 120, che si contraddistingue per il contributo, sempre interessante, che apporta al panorama artistico contemporaneo.
La mostra Tra sacro e profano, dove emerge la curatelia del giovane Cristian Porretta, presenta i lavori di due artisti diversi nello stile ma accomunati da risultati di elevata qualità artistica.

Paola Princivalli Conti si concentra sui materiali di recupero come tessuti, corde e sacchi di juta che tanto ricordano Alberto Burri nella continua ricerca di una materia che possa esprimere la sua anima artistica. Arricchendola però con un ricercato decorativismo, questa materia trova una nuova dimensione, uscendone impreziosita e raffinata.

Alessandro Kokocinski, invece, colpisce per l'aspetto visionario e conturbante che trasmettono le sue opere: Bacon e soprattutto Goya sembrano emergere come ricordi lontani dalle potenti e pesanti ombre che risucchiano le figure dei suoi quadri. La drammaticità e il tormento delle sue opere principali si stemperano nella serie dedicata al Circo che gioca sulla presentazione di un' umanità mascherata, colorata e picassiana. L'artista ha inoltre rilasciato una piacevole intervista con Inside Art, mensile di arte contemporanea e cultura, presente per l'occasione, e con i visitatori affascinati dalle parole del Maestro.
Complimenti, quindi, alla Galleria Spazio 120 che conferma la sua capacità di emozionare arricchendo ancora una volta il nostro patrimonio artistico ed umano.

Tra sacro e profano
7 maggio - 4 giugno 2011

Galleria Spazio 120

Via Giulia, 120
www.spazio120.it

lunedì 2 maggio 2011

Artista del mese: Flavia Dodi


Con il mese di maggio conosciamo meglio Flavia Dodi, raffinata e giovane artista della Factory di Piano Creativo.

Flavia Dodi pittrice e architetto: c’è una correlazione tra i due aspetti?

Sicuramente sì.  Lo spazio architettonico  prende vita  dal “pensiero disegnato”, che a sua volta  nasce dal ragionamento e dall’analisi dello spazio. Attraverso la suddivisione in moduli semplici si può costruire uno spazio complesso e articolato  comunque riconducibile ad un ragionamento che si effettua attraverso misure e proporzioni.  Nei quadri ho riportato il  principio del modulo e della proporzione geometrica astraendolo dalla rappresentazione funzionale che è propria dei disegni architettonici. Sono affascinata dall’atmosfera che si viene a creare nei disegni geometrici, mi colpisce la purezza astratta delle linee che formano superfici e volumi che alludono ad un mondo “altro”, che rappresenta l’uomo in quanto espressione della capacità raziocinante.

 Quando hai capito che volevi intraprendere la strada della pittura? 

In realtà ho sempre percorso questa strada disegnando e dipingendo parallelamente all’architettura.   La decisione vera e propria è maturata durante la preparazione della tesi, grazie all’insegnamento del mio relatore Franco Purini che mi ha fatto capire molte cose, tra cui l’utilizzo del modulo e della misura come mezzo espressivo e la libertà espressiva che si riesce a trovare  dentro ad un sistema organizzato da regole compositive e misure geometriche.  Mentre preparavo il progetto di tesi  incominciavo a ragionare anche attraverso disegni e bozzetti, strettamente collegati ai quadri che faccio oggi.  Molte idee sono nate e sono fissate proprio in quei bozzetti.

Tra l’altro è una strada tortuosa, hai incontrato delle difficoltà? 
                                                              
Si, senza dubbio  le difficoltà si incontrano, come del resto in qualunque strada all’inizio. Durante il percorso ci si rende anche conto che l’unica cosa che si può fare  è affrontarle queste difficoltà perché c’è un’urgenza interiore che rende impossibile intraprendere qualsiasi altro percorso.

Se potessi essere un artista, chi vorresti essere?

Pur trovando dei riferimenti e una fonte di ispirazione in artisti come Mondrian, Sol Le Witt, Achille Perilli, Giacomo Balla, Antonio Sant’Elia, il movimento futurista, l’arte cinetica, il cubismo, e tanto altro,   non vorrei essere nessuno, basto io,  certe volte è anche troppo!

Esiste un libro in particolare che ti ha cambiato la vita o che comunque consiglieresti?                     
 Ce ne sono molti, ma adesso direi “Parole nel vuoto” di Adolf Loos che parla di architettura con sarcasmo e ironia. E senza dubbio anche “Il rosso e il nero” di Stendhal che tratta anche di strade percorse e di difficoltà incontrate e mostra le acrobazie che bisogna compiere per evitare di soccombere.

Parlaci dell’esperienza con Piano Creativo..  
 
Piano creativo è un gruppo di artisti che condivide uno spazio a Roma. Lo studio 420, che è il posto dove lavoriamo, è il luogo ideale per l’interazione;  è molto importante lo scambio tra persone e diviene fondamentale   se queste si occupano della stessa materia. Poter parlare, discutere e incontrarsi aiuta la creatività di ognuno a crescere e   dà solidità al pensiero del singolo che al contrario andrebbe perso  se fosse relegato alla condizione della solitudine. 

I tuoi quadri affascinano come labirinti senza tempo, immersi in un’atmosfera metafisica..sono opere plastiche ed eteree allo stesso tempo..richiedono molta preparazione? 
                                               
 Sono sempre frutto di studi preparatori come schizzi o bozzetti che nascono sia dallo studio di  un soggetto preciso, che magari già ho in mente e su cui devo lavorare per dargli una forma,  ma anche dall’elaborazione di  idee evanescenti ed improvvise che colgono di sorpresa e che bisogna immediatamente fissare da qualche parte altrimenti volano via.

Ami soprattutto rappresentare o meglio “geometrizzare” vedute urbane. Pensi di affrontare anche la figura umana prima o poi?

 Amo rappresentare l’essere umano come creatore dell’immagine. La presenza umana nei quadri  si trova nell’espressione della razionalità:  la geometria e gli spazi astratti non esistono nella natura tangibile, sono frutto della mente umana.  Tuttavia la mente ha dei limiti, ad esempio il concetto di infinito non può pensarlo e quindi vi allude, lo rappresenta attraverso il disegno geometrico e lo spazio tridimensionale virtuale. Non mi interessa per il momento rappresentare la figura umana come forma fisica ma solo come entità razionale.

Progetti per il futuro?

Mi piacerebbe molto realizzare un progetto che ho in mente, una commistione di quadri e installazione, vorrei creare “un’esperienza” coinvolgendo l’osservatore in maniera completa, facendo in modo che  si senta davvero immerso in un labirinto  in cui possa perdersi per poi ritrovare l’uscita con una consapevolezza di sé rinnovata e migliorata. Sono ancora all’inizio, devo ancora perdermi e ritrovarmi.

mercoledì 6 aprile 2011

Intervista ad Alessandro Anemona

Con il mese di Aprile conosciamo meglio Alessandro Anemona, un fotografo alla ricerca delle tante sfaccettature che un corpo nudo può esprimere, dalla grazia eterea all'inquietitudine del vivere moderno.

1) Quando hai scoperto la fotografia? e come sei diventato fotografo?

Ho iniziato a fotografare da piccolo, volendo imitare mio padre. Ma per parecchio tempo la fotografia è stata solo un gioco, dal 2004 è diventata una necessità… Purtroppo non posso dire di essere un fotografo, non è il mio lavoro e non gli dedico tutto il tempo che vorrei, di sicuro però per dedicargli almeno il tempo che si merita sono un pò di anni che dormo molto poco.

2) Ritrai maggiormente corpi di donna; cosa cerchi tra le forme femminili?

La fotografia per me è un modo di esprimere un’idea, un mio punto di vista o una mia paranoia, ho qualche difficoltà ad esprimermi a parole e trovare un escamotage visivo per dire quel che penso mi affascina. Il corpo umano è “l’oggetto” più duttile che conosco per poter esprimere qualsiasi concetto, da un pensiero astratto a cose molto concrete. Il corpo femminile è perfetto, perchè ha in se sia la forza che la dolcezza, può essere spaventoso o ammaliante, etereo o molto terreno. Purtroppo, ultimamente, il corpo nudo di una donna è concepito, nella comunicazione di massa, solo per trasmettere un messaggio erotico, cosa che, morale e rispetto a parte, mi sembra un enorme spreco di potenzialità.


3) Come reagiscono davanti al tuo obiettivo le modelle che ritrai?

Il rapporto che si crea con la modella è una cosa davvero particolare. Ho cominciato a ritrarre amiche e da subito è successa una cosa curiosa, durante le sessioni fotografiche mi hanno raccontato cose di loro che pur conoscendoci da anni non mi avevano mai detto; mi rendo conto che sembra un pò retorico, ma effettivamente si mettono a nudo in tutti i sensi.

4) Cosa o chi ti ispira maggiormente?

Mah, almeno qui mi permetto una forte dose di egocentrismo…quasi sempre parto da me, sensazioni, turbe  e cose del genere, fin’ora il materiale non mi è mai mancato…

5) Sei il tipo di fotografo che insegue un'immagine che hai nella testa o è
l'immagine che ti viene incontro mentre fotografi?

Quasi sempre parto da un idea precisa, la disegno su carta e poi cerco di convincere la modella che la posa che ho in mente è anatomicamente possibile. Alcune volte dopo ripetute cadute, testate a terra e crampi vari sono costretto ad ammettere che ha ragione lei e quella posa non si può fare.

6) Oggi i fotografi sono supportati da una tecnologia che apre la strada ad
infinite possibilità, eppure ci sono fotografi tenacemente legati alla
tradizione della camera oscura che mai sostituirebbero a photoshop. Tu come
ti rapporti a queste due realtà?

Non sono un purista della macchina fotografica, credo che l’importante è avere qualcosa da dire, poi qualsiasi mezzo è lecito. Uso Photoshop, francamente senza sensi di colpa, non amo il fotoritocco pesante, ma solo per una questione di gusto. Di solito non modifico i corpi delle modelle, uso il ritocco solo per nascondere o accentuare ombre e luci. Ci sono però molti artisti davvero bravi nell’uso del ritocco digitale.


7) Qual è la critica più costruttiva che tu abbia mai ricevuto?

Non ne ricordo una in particolare, ma la sensazione che dà ogni critica è curiosa. Io ho in mente un’ idea e cerco di tradurla in un immagine, poi una persona arriva, guarda la foto, e comincia a dirmi una serie di impressioni o idee che secondo lui quella foto trasmette, cose completamente diverse da quello che volevo dire io. Il fatto buffo è che spesso quelle idee vanno bene per quello scatto, mi trovo d’accordo con quella persona e mi tocca dire spesso, “toh, non ci avevo pensato”, di un qualcosa che ho fatto io. Adoro quando succede.

8) Che strade si aprono ai fotografi che vogliono trasformare la loro
 passione in professione?

Mi piacerebbe tanto saperlo. Io faccio un altro lavoro che mantiene il fotografo e conosco molti altri artisti che fanno lo stesso. E’ molto, molto difficile che la passione diventi una professione.

9) A che progetto stai lavorando attualmente?

Ho una mostra il trenta aprile a Cortona, in Toscana e sto concludendo due serie che presenterò in quell’occasione. Il tema che mi affascina di più è quello del doppio che ognuno di noi ha dentro di sé. Ho realizzato varie serie su questo tema, “fotografandolo” da vari punti di vista e credo di non aver ancora concluso l’argomento.